Cibi afrodisiaci

Il commercio di prodotti afrodisiaci e talismani nel mondo ellenico era florido, e i rimedi più popolari venivano forniti principalmente dalle prostitute sacre e dalle sacerdotesse. Nei loro scritti erotici i Greci consigliavano il consumo di cipolle, carote, tartufi, uova, miele, lumache e vino. Si attribuivano qualità afrodisiache anche a storione (da quale si ricava il caviale), granchi, gamberi e altri crostacei, in virtù dell’alto valore nutritivo e della loro associazione con il mare, elemento d’origine di Afrodite. Addirittura ad alcuni sacerdoti era proibito cibarsi di pesce, in quanto li avrebbe distratti dal loro dovere. Come altri popoli, i Greci erano colpiti dai cibi stranieri ed esotici, attribuendo grande valore alle ricette provenienti dall’Egitto e dall’Oriente. Alla lista stilata dagli Ellenici, i Romani aggiunsero i genitali di vari animali, come asino, lupo e cervo, tutte bestie che avevano fama di temperamento selvaggio o lascivo, e quindi potevano arricchire i festini afrodisiaci tanto cari a Lucullo o Nerone. Per testimoniare lo stretto legame tra tavola e letto esistono scritti di vari autori latini, e celebre è la sentenza ripresa dalla commedia “L’Eunuco” di Publio Terenzio Afro (II sec. a.C.) : “Sine Cerere et Libero Friget Venus” - (Senza Cerere e Bacco si raffredda Venere). Publio Ovidio Nasone (I sec. a.C.) con i “Remedia amoris” riteneva opportuno sconsigliare l’uso di filtri che turbassero l’equilibrio della mente e accendessero i fuochi della pazzia furiosa. Il poeta suggeriva l’impiego d’erbe e piante officinali, e lasciva intendere che molti di quegli afrodisiaci, se usati troppo spesso, potevano avvelenare più che favorire le sorti dell’amore. “Si prendano una bianca cipolla, che viene inviata dalla città greca di Alcàtoo, e l’afrodisiaca erba d’eruca, che viene dall’orto, e uova; si prendano miele dell’Imetto e i frutti che produce il pino dalla foglie aghiformi” (Ars amatoria – Ovidio) Quinto Orazio Flacco (I sec. a.C.) informandosi su una certa località di mare, domandava se vi fossero selvaggina, pesce e ricci di mare sufficienti “per scaldarmi le vene fino alla mente, arricchirmi di nuove speranze, suggerirmi parole scelte e rendermi attraente agli occhi di una donna”. Nel mondo romano troviamo citate: le nutrienti ostriche; i fagioli dolici, ritenuti un incentivo alla lussuria in quanto simboli di fertilità; la rucola che cresceva intorno alle statue falliche innalzate ovunque in onore di Priapo dio della virilità; pepe macinato con semi di ortica, santoreggia e funghi. Per l’antica medicina galenica (II sec. d.C.) erano classificati afrodisiaci i cibi caldi e umidi come carciofi, aglio e pepe. Questa disciplina considerava altresì alimenti stimolanti quelli molto nutritivi, perché accrescevano la produzione del seme maschile, come carne, interiora, cervello, midollo, latte, uova, legumi e vino.