La Tartuficoltura

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La tartuficoltura ha compiuto negli ultimi anni incredibili progressi, grazie a studi ed esperienze effettuate da tecnici, vivaisti, tartuficoltori ed esperti ricercatori.
Coltivare tartufi ora è possibile con sempre maggiore certezza di successo, a patto che si abbia a disposizione il terreno adatto e che, in mancanza di esperienza propria, ci si affidi a vivai ed a tecnici qualificati, di provata esperienza e di grande serietà professionale.
Anno dopo anno, soprattutto nelle regioni italiane con maggiore tradizione, i nuovi impianti sono sempre in incremento. Si stima che in Italia si mettano a dimora ogni anno piante micorizzate per un totale di oltre 400 ettari di nuove tartufaie. I tartufi più utilizzati sono il Nero Pregiato (60%) e lo Scorzone Estivo (26%), mentre i simbionti più utilizzati sono la Roverella (55%), il Nocciolo (17%) e il Carpino Nero (8%).
L'Italia per prima, ma anche la Francia e la Spagna, sono i Paesi al mondo più vocati alla produzione dei tartufi, e sicuramente le esperienze di coltivazione pluridecennali già acquistate le rendono vantaggio nella competizione di alcuni Paesi europei che cominciano ora a mostrare un certo interesse verso questa coltivazione.

micorizzare

Micorizzare


Il tartufo è un fungo sotterraneo che vive esclusivamente in simbiosi con le radici di particolari alberi (alberi tartufigeni) con i quali instaura rapporti di scambio. Queste simbiosi sono, nella maggior parte dei casi, di tipo mutualistico, per cui i due organismi portano avanti il loro ciclo vitale vivendo a stretto contatto e traendo benefici reciproci, sia di natura nutrizionale che di altro tipo.
Questi scambi avvengono a livello delle micorrize.
Le micorrize sono costituite dalle fini terminazioni delle radici dell'albero avvolte e compenetrate dal tessuto del fungo (MICELIO), solo in presenza di questi organismi l'albero genera il tartufo.
Alcuni esempi più conosciuti di simbiosi micorriziche si hanno fra i tartufi e le querce, i porcini e i castagni.

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Le piantine tartufigene


La coltivazione dei tartufi vera e propria non è possibile se non attraverso la messa a dimora di piantine particolari: le piantine tartufigene. Si tratta di piante le cui radici, mediante apposite operazioni vivaistiche, vengono fatte associare con il tartufo con il quale vivranno poi in simbiosi. Una volta trapiantate in terreni idonei, ed accudite secondo determinati criteri, permetteranno al tartufo di completare il suo ciclo biologico fino a fruttificare.
Per ogni singola specie di tartufo esistono diverse specie simbionti, che vanno cercate in funzione delle caratteristiche climatiche ed edafiche del luogo di impianto. Una chiara indicazione nella scelta viene fornita osservando quali sono, nella zona prescelta, le piante che producono spontaneamente tartufi; oppure, se non ci sono tartufi, le piante che meglio risultano adattate alle locali condizioni pedoclimatiche. Dopo aver scelto la pianta simbionte è consigliabile utilizzare, per l'impianto della tartufaia coltivata, piantine micorrizate provenienti da semi o talee dello stesso ambiente. In questo modo non si rischia di mettere a dimora piantine che presentino un temperamento o fasi fenologiche in distonia con la stazione.

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Il terreno


I tartufi vegetano solo in terreni con precise caratteristiche fisico-chimiche. Condizioni irrinunciabili sono la presenza del calcare (CaCO3) ed il pH sub-alcalino od alcalino (da 7,1 a 8,5). Naturalmente preferiti sono i terreni non troppo pesanti e dotati di buon drenaggio grazie ad una naturale pendenza o grazie alla presenza al loro interno di pietrisco o breccia. Queste caratteristiche favoriscono la circolazione di ossigeno, elemento vitale per la crescita dei tartufi. Più i tartufi sono pregiati e più risultano essere esigenti in fatto di terreno; quelli più facili da coltivare vegetano bene anche in terreni non proprio ottimali. Per conoscere la composizione fisico-chimica di un terreno ci si rivolge ad un laboratorio specializzato. La messa a dimora di piante ben micorrizate costituisce la scelta fondamentale per la buona riuscita di una tartufaia coltivata. Tuttavia, si ritiene opportuno precisare che, prima di iniziare l'impianto, occorre raccogliere delle informazioni preliminari per non incorrere in grossolani errori che causerebbero il fallimento dell'impianto. Le analisi del suolo, sono utili per verificare la composizione chimico-fisica del suolo per una migliore gestione degli apporti in fertilizzanti chimici e agrofarmaci.